E’ forse il frutto che meglio identifica una stagione e divide sulla preparazione. Le castagne sono più buone arrosto, le famose caldarroste, oppure lessate? Innanzitutto qualcosa sull’origine della parola: castagna deriva dal latino castanea, che a sua volta deriva dal greco kàstanon. Molte le varietà di castagne e quindi sia le dimensioni che il sapore, a seconda dei luoghi in cui sono coltivate. Luigi Fenaroli, uno dei più famosi agronomi italiani, ne ha classificate ben 21 diverse varietà. Le castagne sono ben conosciute e riconoscibili anche dai più piccoli per il loro inconfondibile colore marrone e per il fatto di nascere all’interno del riccio. Nella preparazione le castagne assumono nomi diversi: le caldarroste o bruciate quando vengono arrostite, ballotte, caldallesse o succiole quando vengono lessate.
Molto spesso la castagna è identificata con il marrone ma i due termini non sono esattamente equivalenti, al punto che nel 1939 esisteva un Regio decreto che ne indicava le differenze: la castagna è il frutto della pianta selvatica, non molto grossa, schiacciata da un lato con buccia resistente e colore bruno scuro. Il marrone è quello della pianta coltivata e migliorata con successivi innesti, di dimensioni più grosse, forma a cuore e buccia striata marrone chiaro. La castagna è un alimento sano e molto nutriente con un contenuto calorico di 200 kcal ogni 100 g, un buon contenuto di fibra (7-8%), un discreto contenuto di proteine di qualità, bassa percentuale di grassi (3 g/1 hg) e alta percentuale di potassio e altri sali minerali.
La Treccani ci ricorda anche alcune famose espressioni figurate che hanno a che fare con le castagne, come a esempio “cavare le castagne dal fuoco”, “prendere in castagna”. La parola ha tra i suoi significati anche quello di percossa o colpo nel linguaggio pugilistico.
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